Per il curioso, i limiti scompaiono
Vivendo da curioso, si può fare tutto, o quasi.
Se il desiderio di conoscere è la tua spinta vitale non ci saranno né limiti né confini: esistono sempre un luogo mai incontrato, una lingua sconosciuta, un’energia pronta a rivelarsi. Prima e anzitutto dentro te stesso.
In pochissime parole, io sono così. Musicista, viaggiatore, sciatore, alpinista, paraclimber ma soprattutto esploratore.
Da piccolo volevo caparbiamente capire come funzionasse tutto. È la dimensione che mi circonda e mi motiva anche oggi: percorro strade, Paesi, cime e note, alla ricerca della “qualità” nell’essenza delle cose. A 6 mila metri d’altezza, o a 11 mila chilometri da casa, punto all’intensità delle sensazioni, dei rapporti umani, del dialogo con l’ambiente e con le persone.
Sono nato nel 1984 e dall’età di dieci anni i miei occhi sono affetti da una grave malattia degenerativa, la retinite pigmentosa, che mi ha reso, progressivamente, quasi del tutto incapace di vedere.
Ma per un curioso, il limite non è un problema: chiede e cerca con gli strumenti che possiede. Parte. In qualche posto arriverà: sapere dove, fin dal principio, forse non è poi così importante.
Corpo e spazio. In mezzo, l’istinto
Lo sport è il mio ecosistema.
Sono cresciuto in campagna in una famiglia di sportivi, e pratico fin da piccolo molte discipline.
La mia fisicità è emersa presto ed ha piantato radici salde. Lasciar affiorare l’ ”animalità” non si traduce per me in un atto di forza.
Con il progredire della malattia agli occhi, lungi dall’abbandonare l’attività fisica, ho sfidato me stesso a migliorare di continuo, facendo leva sul potenziamento cognitivo degli altri sensi e sullo sviluppo della fisicità.
Nell’atto atletico recupero libertà e libero vitalità. Oggi posso dirmi soddisfatto: ho raggiunto traguardi agonistici importanti e la mia esplorazione interiore ha aumentato la mia consapevolezza e la mia solidità.
Sono portavoce della carta dei diritti dei disabili ONU.
Da qui all’oltre, c’è sempre strada da fare: i viaggi
I miei viaggi sono diversi. Si compongono di odori, rumori, lingue, racconti, vibrazioni e scossoni di strade accidentate.
Mi muovo così da sempre: sulla via, mi piace stare leggero e scomodo.
Ciò mi costringe a fermarmi, riflettere, cercare soluzioni. In viaggio amo spogliarmi di tutto, o quasi, per fare spazio a ciò che posso acquistare. Assorbo energia e mi confronto con differenti tipi di approccio alla vita. Lascio
entrare ogni volta qualcosa di altro da me.
Ecco perché, in realtà, mi sento sempre in viaggio.
A volte i tragitti sono lunghi e forse estremi, ma ogni giornata “normale”, a guardar bene, è piena di tappe utili ad insegnare che la ricerca e la curiosità, come in un lungo cammino verso una meta, svelano sempre vie laterali, svolte nascoste, paesaggi e persone appena intuiti. Che invece valgono una sosta.
L’arrampicata sportiva Paraclimbing
Una disciplina che vivo a diversi livelli: sono Atleta della Nazionale italiana categoria Blind B2, responsabile del settore Paralimpico F.A.S.I. e sono stato rappresentante degli Atleti nella Commissione Internazionale dal 2011 al
2016.
Nell’ arrampicata ciò che conta, per me, è l’eleganza del gesto.
Trovare il giusto movimento sulla parete, fatto di equilibrio tra muscoli e psiche, bilanciare e dominare paure e tensioni. Così l’arrampicata mi ha aiutato ad acquisire un grande controllo corporeo ed una elevata capacità di muovermi nello spazio.
Fisico e psiche: la tenacia richiesta dalla tensione atletica, la sfida alla gravità e all’equilibrio, li formano e li fortificano entrambi. Ogni singolo allenamento, ciascuna via contribuisce a rendermi più attaccato alla vita, a trovare nuova forza. Il gesto è sempre piacevole e liberatorio allo stesso tempo, come la prima volta, racchiude l’essenza della libertà nella dimensione sportiva.